Parlare di Salvatore Pica e della sua attività è come cercare di descrivere l’atmosfera di un porto di mare, con la gente che sbarca, quella che corre ad imbarcarsi, le navi, la folla, i biglietti, i taxi.

Nel corso degli anni nei suoi vari spazi della città si sono succedute mostre, incontri, interviste, con un ritmo ed una frenetica frequenza che testimoniano la vivacità di Salvatore ed il suo essere aperto al mondo. Un lavoro incredibile affrontato con ironia e distacco, un registratore fedele di quello che si muove a Napoli.

Un modo di procedere accumuli orizzontali dove tutto è sullo stesso piano in un paesaggio che si offre ai sensi come una città dalla pianta complicata e dove si finisce in un luogo per poi ricapitarci dopo un po’, intanto incontrando persone viste una volta, poi perse, e poi riviste in un ambito completamente diverso. Un ritmo insomma esistenziale dove le idee circolano, si scontrano, si raggruppano per fondersi in forme fantasiose ed impreviste.

Luoghi mai istituzionali esposti come sono agli interventi del caso, agli umori ed agli incontri casuali di Salvatore.

In posto così non può essere organizzato a tavolino, fa parte di quegli eventi che accadono, chi c’è c’è e potrà forse darne testimonianza, ma è come descrivere la vita nel suo svolgersi.

Salvatore è un accumulatore di istanti, un amico – memoria, cui sono riconoscente per il fatto che c’è (dal 1939) e per le tante cose che ho visto e le tante persone incontrate, per i caffè, le sigarette e la seria leggerezza.

Lino Fiorito

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