"Dal cucchiaio alla città" recitava un fortunato slogan, o meglio epigrafe, coniata da Walter Gropius per definire il ruolo dell'architetto moderno. Una sorta di nuovo demiurgo sociale forgiato secondo i dettami della Bauhaus, la scuola di formazione totale, professionale ed esistenziale, creata dal grande maestro del razionalismo tedesco. Ora, con tutte le rispettose differenze del caso, verrebbe da ridefinire quella espressione in "Dal mobile alla città" per cogliere in estrema sintesi il ruolo e la vera e propria missione (per usare un termine sin troppo di moda negli ultimi anni) perseguiti tenacemente da Salvatore Pica e dalle strutture da lui fondate. Dal mitico Ellisse alla più recente Picagallery, pur non rinunciando all'imprescindibile (e necessaria) vocazione commerciale, questi centri hanno saputo infatti coniugare l'indispensabile attività "materiale" con una più complessa, oserei dire strategica, funzione culturale, e perchè no politica nel senso più nobile del termine proprio degli scorsi decenni. L'attività delle varie sedi dell'Ellisse, prima a via Carducci e poi a piazza Vittoria, senza dimenticare la veloce quanto intensa esperienza di Arte-Idea sempre in via Carducci, è stata così ricca e poliedrica da oscurare quasi del tutto la primaria funzione di centro vendita per arredamento. Il Centro Ellisse è sempre stato teso, potremmo dire geneticamente, alla riqualificazione di fatto della propria proposta sul piano di una più complessiva diffusione dell'idea stessa di design, faticosamente affermatasi a Napoli a cavallo fra anni '60 e '70, molto anche grazie al lavoro di Pica e dei suoi collaboratori. La cui capacità, ancora oggi irripetibile, è stata quella di saper declinare al plurale, ad un larghissimo e diffuso plurale - vero e proprio segmento di ampia socialità - tematiche, bisogni e risposte altrimenti destinati alle solite, ristrette e mondanissime elite di una certa Napoli, autoreferenziale e incapace di parlare ad altri che non a stessa. Ed allora emerge evidentissimo il ruolo "formativo" ed "informativo" condotto da Pica sul piano dei continui sconfinamenti in territori anche apparentemente spuri rispetto all'interesse centrale per il design. Ma che al contrario interpretavano, soprattutto grazie alla straordinaria capacità intuitiva e alle non comuni doti umane e comunicative del suo animatore, le fibrillazioni di una radicale trasformazione in atto, anche nel campo dei linguaggi artistici e del loro modo di essere veicolati. Con una costante però mai messa in discussione: quella di un'attenzione panoramica e analitica allo stesso tempo nei confronti delle nuove generazioni, intese sia come artefici principali di un nuovo pensiero creativo sia come fruitrici dello stesso. Ai giovani artisti, siano essi pittori, scultori, designer, architetti, film-maker, attori, musicisti e così via, Salvatore ha sempre aperto le porte, scommettendo non tanto sul successo futuro di quelle operazioni quanto sulla loro urgenza espressiva radicata nel presente. Ed allo stesso sottoscritto, pur essendo un teorico, Pica offrì il marchio Ellisse per la pubblicazione della tesi di laurea intitolata "Il Design Radicale", un regalo che ancora oggi custodisco fra i  miei ricordi più cari, legati agli esordi di critico e giornalista all'inizio degli anni '80. E quindi poco importa contare quanti di questi espositori o performers siano diventati poi delle star (eppure ce ne sono, da Fermariello a Maria Pia De Vito, tanto per citare due talenti ormai internazionali impegnati in campi diversi come le arti figurative e la musica jazz, transitati per l'Ellisse). Ciò che conta è il potente flusso emergenziale messo in moto da Pica, ancora oggi attivo anche sul piano del recupero della memoria storica. Perché non c'è innovazione - sembra suggerire Salvatore con la sua programmazione - senza solide radici nell'esperienza di chi ci ha preceduto. E l'attenzione che da un po' di anni sta dedicando ai grandi maestri napoletani del '900 ne è una conferma, a dispetto di una diffusa e talvolta colpevole disattenzione degli enti pubblici.

Stefano de Stefano  

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